Lo Scarpone Orobico nei ricordi del primo direttore
di Pino Capellini
Non il grigioverde al quale eravamo abituati, e nemmeno il bel verde brillante che spicca quando sventola il Tricolore. Era stato quel suo verde un po’ sbiadito a richiamare la mia attenzione quando m’era capitata per le mani una delle prime copie del Bollettino della Sezione di Bergamo dell’Associazione Nazionale Alpini. Una rarità se ci pensiamo: quasi un secolo di vita per quel luglio 1923 che spicca in alto sulla prima pagina. Non ricordo come quando e come sia finito tra le tante carte che sono andato accumulando in sessant’anni di attività giornalistica. Forse mi aveva colpito, ed è tornata ad attirare la mia attenzione, la caricatura di un montanaro scalvino un tempo molto noto e non ancora dimenticato: “La Ecia”, al secolo – ma nella divisa di capitano dell’Edolo, 5° Alpini – Gian Maria Bonaldi.
Alpino della Julia tra il 1963 e il 1964, di stampa alpina ne sapevo ben poco quando Leonardo (Nardo) Caprioli, allora presidente della Sezione ANA di Bergamo, mi mandò a chiamare credo su iniziativa di mio cognato, Carlo Mazzucchelli, alpino autentico, di poche parole e molto attivo consigliere sezionale. Allora la sede era in uno dei propilei (a destra) di Porta Nuova. Sede prestigiosa, se vogliamo, ma già affollata quando c’era una decina di persone. C’era posto solo per un grande tavolo, le sedie per le riunioni, una vecchia macchina da scrivere, una scrivania, un paio di armadi, qualcosa come un po’ di più di un ripostiglio pomposamente chiamato “Ufficio del Presidente”. Lo “Scarpone Orobico” nasceva lì grazie all’impegno e alla passione di Giovanni Rinaldi, l’Aocàt, e di pochi altri.
“Sei giornalista e sei alpino. Vuoi occuparti tu dello Scarpone?” Questo fu l’esordio di quell’incontro con il Presidente. Per me carta, giornale, raccogliere notizie e scrivere erano – come si suol dire – pane e companatico. E in più c’era, anche se covava sotto la cenere, quel po’ di orgoglio alpino. Neanche un dubbio. Iniziò così quella che fu, posso proprio dirlo, una splendida avventura tra bergamaschi autentici, per i quali il cappello con la penna non era un semplice ornamento.
Difficile riassumere nelle poche righe che mi restano questa bellissima esperienza iniziata nel dicembre del 1977 e continuata fino al maggio 1995. Diciotto anni pieni, durante i quali fui testimone, e ne scrissi un bel po’, di tanti eventi, veramente straordinari, di cui furono protagonisti gli alpini della nostra terra e di tutta Italia. Una fatica ripagata dal mio ingresso nel consiglio sezionale e nel partecipare alla vita più autentica delle Penne Nere. Amicizia, solidarietà, slancio fraterno, impegno gratuito, infaticabile, ovunque ci fosse bisogno. La Casa di Endine e il soccorso alle popolazioni del Friuli devastato dal terremoto in Friuli. Il terremoto in Irpinia e Campania, la nuova sede al Lazzaretto. La protezione civile dell’Ana e la favolosa adunata nazionale del 1986 a Bergamo. L’intervento in Armenia con l’ospedale da campo a Spitack e la costruzione dell’asilo a Rossosch, in Russia. Ma su tutto, lasciatemelo dire, Leonardo Caprioli presidente nazionale dal 1969 al 1998. Indimenticabile quell’ultimo saluto ai “suoi” alpini sotto la pioggia all’adunata del 2010. Da stringere il cuore
O letto il racconto e mi sono commosso non lo dico tanto per dire ma mi è piaciuto davvero