La nostra Storia 1930 – 1950

“La cronaca fatta storia”  fu il titolo dato a questo documento, recuperato con immagini e testi che ripercorsero la nostra Storia Sezionale. 

1930 - '33

L’anno dopo, precisamente il 2 marzo 1930, la Sezione organizza a Schilpario, con la collaborazione degli alpini locali, il “VI Campionato di Sci”, alla presenza del Presidente Nazionale Manaresi e molte altre autorità. La cronaca dell’epoca precisa: “ grandiosa partecipazione di concorrenti ed ottima la riuscita delle gare”. La Sezione di Bergamo si fa sempre più apprezzare con i suoi 4.732
soci al 30 giugno del 1930, tanto da meritare un encomio dalla Sede nazionale. “La vostra Sezione è la più ordinata di tutte. Un’altra Sezione, quella di Torino, vi supera per numero di iscritti, ma non ha ancora raggiunto il grado di perfezione amministrativa che voi avete felicemente toccato, così da essere di esempio a tutte le altre Sezioni” Nello stesso anno, a settembre, vi fu anche il “‘cambio della guardia al Comando del Battaglione Orobico”. Al prof, Piero Gaetani, nominato membro del Consiglio Direttivo Nazionale, subentra nella carica di presidente il cav. Luigi Calcaterra, già Capogruppo di Almenno. In ottobre, in unione al C.A.I., la Sezione partecipò alla posa e all’inaugurazione della lapide a “Grotta dei Pagani” in ricordo dell’ascensione della Presolana effettuata da don Achille Ratti, divenuto in seguito Papa col nome di Pio XI.

Nel 1931 i soci salgono a 5.121, organizzati in 67 Gruppi. La famiglia scarpona si era fatta numerosa è si rendeva necessaria una nuova sede, situata in via Adamello, che venne inaugurata il 4 ottobre, in occasione dell’Adunata nazionale degli alpini del 5° in congedo, alla presenza del Presidente nazionale Manaresi. Si provvide anche alla benedizione del labaro sezionale e del gagliardetto del Gruppo di Bergamo, effettuata dal cappellano sezionale
don Giovanni Antonietti.

Castione della Presolana, nel 1932, ospitò i campionati sezionali di sci, vinti dal Gruppo di Gandino. L’adunata nazionale, svoltasi a Napoli, vide la partecipazione del Consiglio sezionale al completo e “tutti i gruppi erano rappresentati con folti gruppi di alpini”, oltre duemila presenze con al seguito la “fanfara dei pifferi di Bottanuco”. Nel frattempo la forza della Sezione era salita a 5.233 iscritti suddivisi in 73 gruppi che incominciano a organizzare anche delle gite, seppure brevi, come quello di Gromo agli Spiazzi di Boario; Vertova al Monte Cavlera; Colzate al Barbellino; Albino alla Madonna di Altino. Nell’ottobre poi più di cinquecento alpini bergamaschi parteciparono all’inaugurazione del monumento del generale Perrucchetti a Cassano d’Adda.

Il ’33 si apre con i campionati lombardi di sci a Bratto vinti dalla squadra della sezione di Bergamo composta da Paolo Gelmini, Mario Vescovi e Carlo Rho. Tra i gruppi si fa onore Zogno che raggiunge il numero di ben 223 iscritti. All’ Adunata nazionale di Bologna le Penne Nere bergamasche sfilano cantando: “Il Battaglione Orobico è il battaglion più bello / ha detto Manaresi che è fatto col pennello “. La Sezione annovera 77 Gruppi con 5.014 soci, In ottobre grande festa alpina in città per l’inaugurazione monumento ai Fratelli Calvi.

Anche il ’34 inizia con la Coppa Lombardia di sci a Bratto. La squadra di Bergamo deve accontentarsi del secondo posto, superata da quella di Lecco. Grande Adunata a Roma in aprile : “Bergamo è presente con una forza di oltre tremila alpini che per la loro disciplina e compattezza hanno ottenuto l’ambito elogio di S. E. Manaresi”. Nell’occasione gli alpini di Lovere furono ricevuti in udienza privata da Papa Pio XI al quale consegnarono delle fotografie della Presolana a ricordo dell’ascensione fatta dallo stesso Pontefice. A maggio vi fu una grande e solenne adunata di alpini, provenienti anche da altre Sezioni dell’ Alta Italia, in occasione della consegna delle drappelle al 2° Reggimento Artiglieria di Montagna, benedette dal vescovo Mons. Bernareggi alla presenza di S.A.R. il Duca di Bergamo e di S.E. Manaresi. Il “Battaglione Orobico” partecipa con una sua delegazione all’adunata sull’Ortigara, organizzata dalla Sezione di Asiago. Gli alpini della Valle Seriana si ritrovano alla Casa dell’Orfano, ospiti del cappellano don Antonietti, mentre quelli della Valle Brembana si ritrovano alla Ca’ San Marco. Non mancarono neppure le
ascensioni con numerosi partecipanti alla salita della Presolana, mentre sulla vetta dell’Alben si ritrovarono ben duecento alpini.
La forza nell’anno è salita a 5.321 soci e 84 gruppi

1935 - '40 Sinistri presagi

Arrivati a questo punto le nostre fonti d’informazione si impoveriscono. Per un certo periodo, che corrisponde più o meno dal preavviso della bufera che minaccia il mondo, alla successiva tragica guerra ‘40/’45 ed ai primi anni delle stentata ricostruzione post-bellica, le notizie dell’attività della Sezione sono molto limitate. Nel 1935 al tenente Calcaterra subentrò, quale presidente sezionale, il tenente Fermo Lecchi, che ricoprirà la carica fino al 1940, col segretario Traini, vicepresidente il prof. Orefice e con mansioni di “galoppino emerito” Ernesto Vedovati, L’attività fu ridotta al minimo. La XVI adunata si tenne a Tripoli, “bel suol d’amore”, a cui partecipò un nutrito gruppo di alpini bergamaschi.
Nel ‘36 l’ Adunata nazionale si svolse a Napoli, nel ‘37 a Firenze, nel ‘38 a Trento. Nel 1937 “Lo Scarpone Orobico” cessò la pubblicazione poichè “disposizioni superiori” vietarono “la pubblicazione di periodici a carattere provinciale”.

Nel periodo che va — grosso modo – dal 1929 al 1937, l’ANA,
pur avendo una struttura che potremmo definire autoritaria, con nomine a tutti i livelli disposte dall’alto ed un controllo di merito da parte del Governo tramite il Ministero della Guerra, non risentì più di tanto delle interferenze del regime. Più che altro si era maggiormente esteso e rafforzato l’accostamento con i reparti alpini in armi, tanto da considerare l’ Associazione come un reggimento (10° Reggimento Alpini) di alpini in congedo e le Sezioni dei battaglioni (Bergamo: Battaglione Orobico)

Il cambiamento traumatico avvenne nel marzo 1937 con il passaggio di tutte le associazioni d’arma alle dirette dipendenze del Partito Nazionale Fascista. Il fascismo impose certi rituali che lo caratterizzarono: il trasferimento della sede nazionale dell’ Associazione da Milano a Roma, retorica dell’Urbe caput mundi; retorica della marzialità; l’aggiunta di un piccolo fascio al distintivo; l’imposizione di un nuovo statuto. Da questo momento s’incrina un rapporto fiduciario fra gli associati e le proclamate finalità del sodalizio che, possiamo ben dirlo, non coincidono. Gli alpini bergamaschi non cambiano per nulla la loro mentalità montanara e concreta, ignorando le direttive politiche. Il distacco tra Sede centrale e le sezioni, compresa quella di Bergamo, si allarga, il ristretto gruppo dirigente che si trova a Roma sembra aver perso il contatto con la base e con i problemi delle gente comune. Il fascismo diede la sua mano di vernice anche all’ANA, come la diede a tutta l’Italia, spesso con l’applauso degli italiani; ma non penetrò nell’animo dell’ Associazione, non lo deviò. Lo spirito di autonomia e indipendenza dell’alpino prevalse sempre e si realizzò una accettabile convivenza.

L’adunata nazionale del 1939 si svolse a Trieste, dal 15 al 17 aprile. Gran festa, come al solito, ma agli alpini bergamaschi non fu possibile scrollarsi di dosso sinistri presagi.
Il 3 settembre 1939 scoppia le seconda guerra mondiale. L’ Italia inventa e dichiara la “non belligeranza”, però battaglioni alpini vanno a presidiare posizione di frontiera. Dall’1 al 3 giugno 1940, 21° adunata a Torino: molti partecipanti sfilano con la cartolina del richiamo infilata nel cappello. “La va a pochi”, difatti il 10 giugno anche l’Italia entra in guerra. Da questa data fino alla fine della guerra la storia dell’ Associazione è storia degli alpini in armi, di quello che fu possibile fare per dare ai richiamati e alle famiglie solidarietà e assistenza.

1940 – ’44  UNA TRAGICA PARENTESI

L’Associazione, compresa la nostra Sezione, subì, come una persona fisica, le vicende belliche. I pochi giorni di guerra sul fronte occidentale — confine con la Francia — produssero soprattutto un alto numero di congelati. E poi l’ Albania con gli alpini mandati allo sbaraglio, avviati in linea in fretta e furia dall’Italia, a tappare buchi di un fronte che ogni giorno ne apriva di nuovi. L’ossessione del fango, uno sterminato mare di fango che risucchiava tutto, anche l’animo. Dopo l’ Albania, il 5° Alpini, il reggimento per eccellenza dei bergamaschi, rientrò in Italia. Trascorsi due mesi lasciò gli accantonamenti di Rivoli e Avigliana per partire per l’assurda campagna di Russia, dove si immolarono migliaia di alpini.
Non esistono parole adeguate per descrivere le privazioni e i sacrifici a cui furono sottoposti, superando di gran lunga ogni credibile limite di resistenza umana.

“Quello che non mancò su tutti i fronti e in tutte le situazioni fu l’uomo alpino. La guerra è un orrore e si può considerarla come il contributo individuale al dolore universale che è nel destino dell’uomo. Perciò non si odia il nemico, anche lui è carne dolente. Il peggio della guerra non è la paura di morire perché, in fin dei conti, quasi nessuno pensa che capiterà ‘proprio a lui’: il peggio è fame, sete, freddo, stanchezza, sporcizia, sonno, l’ anima che si dissecca, perché ogni giorno che passa non è un giorno di meno da fare, ma un giorno di più che si somma alla fatica morale e fisica di tutti gli altri già fatti”

“Nella disumanità della guerra, disumanità di principio, soltanto il combattente, l’uomo combattente, porta un senso di umanità, con le sue speranze e paure, slanci e desolazioni, impennate e crolli. L’alpino oppose a tutte le sofferenze, alle fatiche, alla disperazione, alla morte, le sue virtù di cittadino: il senso del dovere; la solidarietà; il rispetto dell’onore, proprio quando è più difficile rispettarlo; il gusto di far bene le cose difficili. Non Rambo, che è disumano, ma bravo soldato perché bravo cittadino. La storia dei reparti alpini in guerra è storia dell’ Associazione, per diritto conquistato sul campo” (Vitaliano Peduzzi)

11 25 luglio 1943 il regime fascista si sfascia. Sull’Italia si abbatte la tragedia dell’8 settembre e numerosi alpini furono internati in Germania. Molti al nord entrarono a titolo individuale nelle formazioni partigiane; parecchie delle quali si intitolarono “Fiamme Verdi”; giovani di leva furono arruolati nelle formazioni alpine della Repubblica Sociale Italiana; nel sud, gli alpini vennero riuniti nel battaglione “Piemonte”, cui si aggiunsero il “Monte Granero” e “L’Aquila”. Inquadrati nel “Corpo Italiano di Liberazione”, combattendo a fianco degli Alleati, contribuirono alla liberazione dell’Italia. Anche nel periodo buio, gli alpini seppero servire la Patria.

1945 - '47 La rinascita

Il 24 maggio 1945 il commissario nazionale dell’ANA, S.E. Marcello Soleri, diramò una circolare a tutte le Sezioni nella quale era espressa l’esultanza degli alpini per la liberazione di tutto il territorio nazionale. “Con la liberazione dell’Italia del Nord, l’ Associazione deve risorgere in tutte le sue 83 Sezioni”.
In un primo 
tempo, specificava la circolare, “le sezioni dovranno essere rette da un Commissario che rimarrà in carica fino a tanto che la situazione non consenta di indire le elezioni per tutte le cariche sociali”. Contestualmente venne diramato il progetto di Statuto. Chi fu il destinatario di tale circolare in quel di Bergamo non si sa, anche se è facile immaginare che non poteva che essere il prof. Pietro Guaitani, già presidente sezionale e membro del consiglio nazionale. Nel luglio morì Soleri e gli successe S.E. il prof. Ivanoe Bonomi.

Si hanno nuovamente notizie certe della Sezione di Bergamo all’inizio del 1946, infatti è tra quelle che al 30 aprile risposero al l’appello delle Sede nazionale, che nel frattempo era tornata a Milano. Nella sua prima seduta ufficiale, avvenuta il 20 ottobre 1946, ovvero l’assemblea dei presidenti di sezione o dei facenti funzione, cioè di quel già consistente gruppo di sezioni in attività, risulta presente anche Bergamo. Nella successiva votazione del Comitato Centrale provvisorio, in attesa dell’assemblea dei delegati, venne eletto anche Pietro Guaitani in rappresentanza di Bergamo. Nomina che verrà confermata il 23 aprile 1947, giornata storica della rinascita dell’ANA con la prima assemblea generale dei delegati. Una curiosità: l’assemblea approvò a maggioranza la quota sociale, fissata in lire 50 di cui 25 quale contributo alla Sede centrale. Altra tappa di rilievo lungo il cammino della rinascita fu il 27 aprile 1947, data che vide l’uscita del primo numero del dopoguerra de “L’Alpino”. Nello stesso anno rinacque ufficialmente la Sezione di Bergamo con il prof. Guaitani presidente; fanno parte del direttivo Vittorio e Antonio Leidi, Mario Guaitani, il rag. Aiolfi, il rag. Giovanni Magri, l’avv. Giovanni Rinaldi e l’immancabile Ernesto Vedovati.

DI NUOVO IN CAMMINO

Il ‘48 segnò la ripresa delle Adunate nazionali. Come già ricordato l’ultima adunata si era svolta a Torino nel giugno 1940, vigilia dell’immane conflitto. Era tempo, dunque, che la grande famiglia si ritrovasse per rinverdire la tradizione, per riconfermare il forte insopprimibile richiamo della penna. Gli alpini si dettero appuntamento a Bassano del Grappa il 3 e il 4 ottobre. Anche molti bergamaschi concorsero al successo dell’adunata che confermò “la compattezza degli alpini che, da ogni contrada d’Italia, si sono riversati a migliaia sulle riva del Brenta per riabbracciarsi e salutare il vecchio ponte risorto a nuova vita”.

Il 1949 è segnato da un grave lutto. A soli 57 anni, il 22 giugno muore a Foresto Sparso, stroncato da un infarto, il col. Gennaro Sora, il mitico “Capitano del pack”. Per due notti i suoi alpini vegliarono la salma, tra cui i suoi compagni d’armi Gori, Leidi, Maffesanti, Dante Belotti e Bonaldi, “La Ecia”. Fu proprio quest’ultimo che gli rese l’estremo saluto: “ Sora, il capitano della 52ª dell’Edolo e della marcia eroica sul pack, è andato a riposo finalmente — lui che non ne ebbe mai un minuto in vita sua — accanto a suo padre e alla mamma, contenta di avere vicino per sempre, questa volta, questo suo benedetto figliolo che troppe volte l’aveva fatta tremare, in pace ed in guerra, per la sua vita avventurosa ed eroica. Lo hanno portato a braccia i suoi alpini fedeli, i Paìs del Foresto, in mezzo ad una corona di montagne ed un cielo azzurro e chiaro: il colore dei suoi occhi, degli occhi di Sora, a volte fermi e duri come l’acciaio, a volte dolci e miti come quelli di un bambino, ed intorno alpini, alpini a perdita d’occhio. Alpini di ogni classe e di ogni grado: generali in fila coi soldati, penne bianche e penne nere unite nell’estremo saluto al capitano”.

Nello stesso anno alla guida della Sezione venne eletto il dott.
Giovanni Gori, che resterà in carica per un ventennio, mentre il
dott. Antonio Leidi assunse la carica di consigliere nazionale.
L’anno successivo, nel 1950, la Sezione istituì la fondazione “Gennaro Sora”, le cui rendite serviranno a premiare annualmente due alpini alle armi, e il “Trofeo Gennaro Sora”, gara sciistica a staffetta, che si disputa ancora oggi. Venne pure costituito l’Ufficio di Assistenza con lo scopo di aiutare i soci a svolgere le pratiche di pensioni di guerra, di concessioni di croci al merito di guerra, di assegnazione del cavalierato di Vittorio Veneto.

Contestualmente riprese la formazione e l’attività dei vari Gruppi, interrotta durante il periodo bellico. Sono gli anni della ricostruzione e l’ Associazione si interessa del problema della montagna nei suoi molteplici aspetti :”E’ ammalata, più o meno, tutta la montagna italiana. Questa la constatazione. E con esse è in atto il pericolo sulle pianure. Nevicate straordinarie, alluvioni, allagamenti, disboscamenti, perdita della cotenna erbosa, giocando fra di loro come elemento volta a volta di causa e di effetto conferiscono alla re-staurazione fisica della montagna il carattere di necessità assoluta” .

L’appello degli alpini è rimasto pressoché inascoltato; sono passati cinquant’anni e la montagna sta ancora aspettando. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

Gli anni '50

Il 1951 si aprì con una manifestazione di grande richiamo: il raduno dei reduci della “Tridentina”, tra cui molti bergamaschi. L’incontro si svolse a Brescia il 21 gennaio, nella ricorrenza della battaglia di Nikolajewka. Si incrementa sempre più il numero dei tesserati, ma Bergamo, coi suoi 3.161 soci, rimane al secondo posto, superata da Torino e seguita da Brescia.

Nel ’53 risorge il 5° Alpini e si forma la Brigata Orobica. Il Presidente dell’Amministrazione Provinciale, Mario Buttaro, nell’occasione consegnò in forma solenne al gen. Farello, comandante della Brigata Orobica, il labaro con i simboli dello stemma della nostra provincia: l’aquila e il camoscio, che diventeranno l’insegna della Brigata. Il presidente della Sezione, dott. Gori, nel salutare il generale Farello e tutti i militari intervenuti alla cerimonia, assicurò che ogni anno gli alpini bergamaschi avrebbero avuto un incontro a Merano con gli alpini in armi. Nacque così la “Festa del bocia”, che continua ancora oggi.

Nel 1954 si ricorda la grandiosa Adunata nazionale a Roma, con oltre duemila alpini bergamaschi presenti; l’inaugura-
zione del monumento al Battaglione Edolo e la scalata del K2, colosso himalayano ancora inviolato. Dei tredici membri della spedizione, ben otto sono alpini, tra cui Walter Bonatti, nato alpinisticamente in quel di Bergamo, a Semonte, e formatosi sulle guglie dell’Alben. E’ anche l’anno della tragedia del Passo Gavia con la morte di 18 alpini, fra cui Antonio Lena di Bagnatica.
I soci da 4.011 del ’53 passarono alla fine del ‘54 a 5.477.

Si arriva così al 1955, anno in cui rinacque “Lo Scarpone Orobico”, sotto la direzione dell’avv. Giovanni Rinaldi, avendo come redattore capo Carlo Bellazzi. Essi attendono “con malcelata impazienza” che “L’Alpino” ne dia notizia, ma tutto tace. I gruppi sono diventati 115 e i soci 6.054. A Schilpario, dopo 25 anni, torna il Campionato Nazionale ANA di fondo e si disputa la 6° edizione del Trofeo Sora.

All’Adunata Nazionale di Trieste, tornata italiana, del 1955, seguì l’anno dopo quella di Napoli (1956), la ventinovesima., con la partecipazione di oltre un migliaio di alpini bergamaschi, usufruendo per il viaggio di un treno speciale.
I soci sono aumentati a 6.828 e i Gruppi a 124. La famiglia alpina subisce una grave perdita, muore il cappellano don Carlo Gnocchi.

IL NOSTRO MONUMENTO

Durante l’assemblea annuale del 24 febbraio 1957, alla quale parteciparono quattrocento delegati, si gettarono le basi per la costruzione del monumento all’ Alpino. Dopo aver approvato una mozione sulla “opportunità che l’ ANA si interessi attivamente dei problemi della montagna”, ne viene presentata una seconda dal magg; Vittorio Galimberti sul monumento e approvata “con viva prolungata acclamazione dell’Assemblea”, Eccone alcuni stralci.

“Alcuni hanno parlato di un monumento da erigere nel mezzo dei giardini prospicienti il palazzo dell’Istituto Tecnico, altri l’hanno escluso e, con molto maggior ardimento, hanno pensato ad un’opera di maggior imponenza che unisca il fine prefisso all’utilità ed alla valorizzazione artistico-turistica della nostra Bergamo. Così, ad esempio, è stata lanciata l’idea di una maestosa gradinata che congiunga la città bassa con quella superiore, partendo suppergiù dal monumento alla M.O. Antonio Locatelli. Lungo detta gradinata dovrebbero essere eternati nel marmo i fatidici nomi dei
nostri battaglioni, quelli delle nostre medaglie d’oro, quelli di tutti i nostri Caduti” .

La fantasia non mancava neppure allora agli alpini. Il documento aggiungeva: “Non importa in quale modo; l’essenziale è che a Bergamo venga fatto almeno quanto è stato fatto nelle altre città alpine. Sarebbe anzi giusto che a Bergamo venisse fatto di più poiché, occorre non dimenticarlo, quella di Bergamo è la provincia più decorata d’Italia; le sua valli hanno sempre alimentato in ogni tempo i bei battaglioni del 5° Alpini: l’Edolo, il Tirano, il Morbegno .

“Lo Scarpone Orobico” nel numero di gennaio-febbraio titola a tutta pagina “BERGANO AVRA’ IL MONUMENTO ALL’ALPINO”. Ha così avvio il lungo cammino che porterà alla costruzione dell’opera. Cominciarono subito anche le offerte per la costruzione, il Gruppo di Urgnano fu il primo con 10.000 lire seguito a ruota da quello di Carobbio degli Angeli con 5.000 lire.

In quell’anno a Serina il gruppo di Roncobello conquistò per la terza volta il Trofeo Gennaro Sora che, molto sportivamente, lo rimise in palio. Gli alpini bergamaschi cominciano a primeggiare nelle varie gare sportive nazionali, nel 1957 conquistano il secondo e terzo posto nel Campionato Nazionale di fondo. L’8 dicembre si tenne una grandiosa adunata alpina in città per la consegna delle Trombe d’argento al Gruppo “Bergamo” del 5° Rgt. Artiglieria da Montagna. E’ pure l’anno in cui Bergamo conquistò il primato tra le Sezioni alpine con 8.119 soci, davanti a Torino e Trento.
Sempre “Lo Scarpone Orobico” manifestò l’entusiasmo dei soci con un titolo cubitale a tutta pagina “LA SEZIONE DI BERGAMO E’ LA PRIMA D’ITALIA” e iniziando l’articolo con le significative parole “finalmente ce l’abbiamo fatta”.

Nel 1958 Bergamo mantenne il primato con 9.061 soci e 150 Gruppi. Vinse pure il Campionato Nazionale di fondo sulle nevi di Asiago. La sottoscrizione per il monumento raggiunse la cifra di 1.047.610 lire. Tutti gli alpini gioirono in quell’anno per l’elezione di Papa Giovanni. Negli anni ’59, ’60 e ’61 continuò la raccolta di fondi per il monumento che alla fine del triennio raggiunse quota 7.535.937 lire tra i suoi 9.454 soci, distribuiti in 162 Gruppi. Intanto si giunse alla stesura definitiva del bozzetto e alla messa in opera del monumento. Alla fine il monumento costerà quarantasei milioni — una cifra ragguardevole allora — raccolti interamente tra gli alpini bergamaschi.

 

(nella foto a sinistra, Giovanni Rinaldi primo Direttore del rinato “Scarpone Orobico”)

La nostra storia per immagini 1930 - 1950

con le didascalie originali delle foto, così come pubblicate nel documento “La cronaca fatta storia”

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