“La cronaca fatta storia” fu il titolo dato a questo documento, recuperato con immagini e testi che ripercorsero la nostra Storia Sezionale.
Uno spaccato della nostra storia : dal "bollettino mensile" a Lo Scarpone Orobico
La nostra Storia - 1921
Non si sa quanti e chi furono gli alpini che si riunirono “quella” sera del 1921 per fondare la Sezione ANA di Bergamo; ormai non è rimasto più nessuno. Allora non esistevano le sia pur minime “scartoffie” che ora ricoprono i tavoli di qualsiasi sede dell’ ANA. Solo i giornali di allora sono in grado di fornire qualche indicazione su come si costituì in Bergamo il primo nucleo dell’Associazione Nazionale Alpini. Nelle pagine delle vecchie raccolte, dalla carta ingiallita, la cronaca di allora è diventata storia; storia minima ma per noi alpini importante.
E’ la nostra storia.
Tutto iniziò nel 1921 quando venne trasferito da Milano a Bergamo il Comando del 5° Reggimento Alpini col Deposito reggimentale. L’annuncio del trasferimento fu “motivo di particolare compiacimento per i soci dell’ANA” bergamaschi, che, non essendo costituita ancora la Sezione, erano iscritti direttamente alla sede nazionale. Dovevano essere, per lo più, ufficiali degli alpini che avevano combattuto nella Grande Guerra.
E furono sicuramente questi a cogliere l’occasione dell’arrivo del 5° per farsi promotori “Per una Sezione Bergamasca dell’ Associazione Nazionale Alpini”, come titolava “L’Eco di Bergamo” del 21 giugno 1921, ricordando agli alpini in congedo che “dalla presenza e dai rapporti colle gloriose fiamme verdi trarranno motivo a serrarsi più compatti sotto le bandiere dell’ Associazione meglio ravvivando lo spirito di cameratismo ed il senso di solidarietà che sotto quella divisa li unirono ai compagni di tante contrade d’Italia”.
Strutture organizzative della giovane Associazione Alpini, fondata a Milano nel 1919, non ne esistevano. I pochi iscritti si incontravano dove capitava ed era quasi impossibile mettere in cantiere delle iniziative. Quindi “ai soci bergamaschi dell’A.N.A. l’auspicato arrivo degli ‘scarponi’ deve ricordare come oggi ancora esista nella città nostra, che pure ha magnifiche tradizioni alpine civili e militari, una sezione del Sodalizio attraverso la quale meglio giunga ad ufficiali e soldati del glorioso reparto l’espressione concreta della simpatia che la città nostra non mancherà di tributare ai nuovi ospiti. E’ ancora per mezzo del costituendo nucleo che avranno maggiore lustro e più pronta attuazione le svariate iniziative della Associazione cui qui, come altrove, saranno larghe di appoggi morali e materiali le Autorità del nuovo deposito”. Per questo, attraverso le colonne del giornale, veniva dato appuntamento a tutti, soci dell’ ANA e alpini non iscritti, la sera di venerdì 24 maggio successivo all’albergo Cappello d’Oro, nel cui salone al primo piano era convocata la riunione per discutere la proposta di fondare la Sezione di Bergamo.
Nel numero del 30 giugno successivo “L’Eco di Bergamo” pubblicava la notizia della costituzione ufficiale della Sezione. “Nell’adunanza di ieri sera (quindi sabato 29 giugno 1921: n.d.r.) presso la Camera di Commercio, presenti numerosi soci e nuovi aderenti, venne definitivamente costituita la Sezione Bergamasca, alla quale si invitano ad aderire tutti i soci residenti in Bergamo e Provincia. Furono eletti alle cariche sociali: Presidente Riva avv. Ubaldo; Vice Presidente Rodegher prof. Alcide; Consiglieri: Brissolaro cav.uff. Giulio, Brugnetti Emilio, Dolci avv. L. Michele, eidi dott. Antonio, Pedrinelli rag. Leonardo. Sede provvisoria della Sezione in via Borfuro 6”.
Come primo atto la neonata Sezione invitava tutti i soci a “prendere parte in corpo alle onoranze che verranno tributate al 5° Reggimento Alpini”, che il 3 luglio 1921, proveniente da Milano,
prendeva possesso della Caserma Camozzi in via S. Tomaso. L’accoglienza fu calorosa come riportò la stampa dell’epoca. “Bergamo generosa patriottica, forte e gentile, ha ieri vibrato ancora una volta di entusiasmo e di giubilo accogliendo nuovamente tra le sue mura i baldi alpini del 5°, ai quali ha tributato l’omaggio della sua più viva ammirazione e della sua affettuosa riconoscenza”.
La nostra Storia - 1922
IL BATTESIMO
Una Sezione senza gagliardetto è come un cristiano senza battesimo e gli Alpini bergamaschi dovettero aspettare un anno per la consegna ufficiale del loro vessillo. Il “battesimo” avvenne il 15 giugno 1922. Anche per questo fu scelta un’occasione speciale, solenne: l’inaugurazione del monumento al 5° alpini alla presenza del re Vittorio Emanuele III. Il monumento era stato innalzato nella piazzetta davanti all’ Accademia Carrara, di fronte alla caserma Camozzi; una scultura che rappresentava la figura del famoso “Finimondo”, l’alpino Valsecchi della Valle San Martino, che, finite le munizioni, scaglia un masso contro il nemico.
Fu una grande giornata per gli alpini bergamaschi, giunti in città — come scrisse su “L’Eco di Bergamo” un giovane tenente cappellano del 5°, don Giovanni Antonietti, il memorabile fondatore della Casa dell’Orfano di Ponte Selva — “dai colli e dalle nostre vallate prealpine, piene di fede, di bontà e di opere”. Quel giorno si ricomposero “le indimenticate e indimenticabili famiglie alpine della guerra “.
Il suo scritto continuava ricordando i suoi alpini in trincea. “Il distintivo di questi non è tanto la penna del cappello, quanto l’anima diritta come saetta, sdegnosa di tutte le tortuose vie degli arrivisti; non tanto le fiamme verdi della giubba, quanto una perenne giovinezza di fede e di speranze, che traspare dai loro occhi profondi e pensosi, anche dopo le ore più tragiche (…) Apparentemente ruvidi, intimamente aperti ai sentimenti più nobili e gentili (…) Nel loro cuore non vi fu che amore per il fratello. Per soccorrerlo ferito o per raccoglierlo morto si calarono nei crepacci immani dei ghiacciai, si spinsero sui canaloni e picchi più inaccessibili, strisciarono fin sotto le mitragliatrici nemiche, una, due, dieci volte, anche a costo della vita. Non vi fu odio neppure per il nemico. (…) Dall’animo semplice e retto, non ebbero i gesti degli eroi da palcoscenico, e risero di tutte le esaltazioni barocche dei vari mercanti di patriottismo. Non s’affannarono in lunghe discussioni, dietro teorie vane, non chiesero molti perché, ma ubbidirono ai loro ufficiali e compirono il loro dovere in silenzio fino al sacrificio. Dopo le imprese più ardite — se era possibile — si raccoglievano a gruppi in qualche ricovero di roccia, umido e oscuro, con fiaschi di vino, comperato o camorrato non
importa, e roba da ardere per un buon fuoco. E (…) cantavano tutte la canzoni del ben fornito canzoniere alpino”.
Riguardo ai loro valori scriveva che “essi ispirano la loro vita ai
principi tradizionali, supremi, alti e solidi come i loro monti, dell’ordine, del lavoro, del dovere, del sacrificio che sono i veri valori umani, gli unici veri maestri di benessere e di grandezza (…)
E dai moti ove essi nacquero e dalle Alpi ove soffersero tutti i
martirî, scendano alle nostre pianure d’Italia, non solo le acque fecondatrici dei fiumi, ma ancora i principî eterni che non mutano, indispensabili per un avvenire migliore”.
Fu proprio don Antonietti che benedisse il gagliardetto, mentre la madrina fu la signorina Locatelli. Nell’occasione, davanti alle più alte autorità cittadine, con la schiettezza che lo ha sempre distinto, il sacerdote disse tra l’altro: “Anche se siete stati traditi da molte promesse, alpini, fattevi da coloro che non sacrificarono
che la saliva nel farvele, ricordatevi che la coscienza del dovere compiuto vi assiste e da tale coscienza traete gli auspici per la conquista dei vostri diritti’. Quanto sono attuali ancora queste parole!
Il presidente, avv. Riva, dopo aver ringraziato la madrina e la mamma degli eroici fratelli Calvi, presente alla manifestazione, esortò gli alpini ad essere degni del loro gagliardetto e “abbiate un coraggio uguale e superiore al coraggio della guerra, il coraggio della pace fraterna e la bontà umana, durante l’imperversare della rissa civile” . Parole d’attualità, come lo furono quelle di don
Giulio Bevilacqua — battezzato dai “veci” della Grande Guerra “Arcivescovo degli Alpini” — che, facendo riferimento alla vana retorica parlamentare e politica disse: “l’osteria sarebbe un parlamento in piccolo, il parlamento un’osteria in grande …” .
Una cronaca di allora conclude: “La cerimonia così, con discorsi brevi, come gente alpina può consentire, finisce: il gagliardetto agitato fra il nugolo di bandiere, riceve il battesimo dei canti alpini che la fanfara del 5° accompagna suscitando l’entusiasmo grandissimo” .
Indice dei capitoli
Nel 1922 si formano i primi gruppi. Il primo delle provincia ufficialmente costituito è quello di Bracca, dove un ex cuciniere del Tirano, Bortolo Lazzaroni, raduna intorno a sé una ventina di alpini. Successivamente, sempre nello stesso anno, i gruppi di Vilminore e di Schilpario, già aggregati alla Sezione Camuna, passano in forza alla Sezione di Bergamo.
Nell’ottobre dello stesso 1922 viene eletto il nuovo consiglio sezionale composto dal maggiore Alcide Rodegher, presidente; tenente Mario Bernasconi, vice presidente; consiglieri capitano G.M. Bonaldi, tenente G. Fumagalli, capitano A. Rotigni, tenente V. Schiantarelli, tenente M. Valli. Nel 1923 gli alpini del Tirano prestarono il loro aiuto alle popolazione dalla Valle di Scalve travolte dalla rottura della diga del Gleno.
Uno dei primi obiettivi della neonata Sezione fu la realizzazione di un foglio di informazione che tenesse i contatti con tutti gli alpini, soprattutto con quelli della provincia, per informarli sugli avvenimenti e sulle attività in corso. Venne così deciso di dare vita al “Bollettino mensile della Sezione di Bergamo”. Il primo numero venne alla luce nel gennaio 1923 e ne furono pubblicati sedici numeri. La poca durata di questo bollettino fu dovuta al fatto che era troppo scarno di notizie e di poco interesse per la massa degli “scarponi”. Serviva solo per i capigruppo per apprendere le disposizioni emanate dalla Sezione.
A Rodegher nella carica di presidente subentrò, nel luglio 1925, il prof. Pietro Guaitani, che si avvalse della collaborazione del dott. Antonio Leidi (vicepresidente), del dott. Vittorio Leidi (segretario), del comm. Giulio Brissolaro (cassiere) e dei consiglieri Gian Maria Bonaldi (meglio conosciuto come “la Ecia”), Aldo Pizzini, Marco Valli, Ettore Bravi.
Intanto continua il potenziamento della Sezione, ma i risultati non sono dei più lusinghieri. Infatti nel 1925 la Sezione di Bergamo risulta settima per numero di soci – superata nell’ordine da Torino, Milano, Brescia, Genova (Ligure), Intra (Verbano) e Verona —avendo 3518 iscritti e 10 gruppi. Su “L’ Alpino” appare un articolo che tira un po’ ” le orecchie, senza nominare nessuno, alle Sezioni che non hanno fatto un’adeguata campagna di proselitismo. A tal proposito scrisse: “Gettando una sguardo sulle cifre di queste Sezioni si possono già fare diverse considerazioni interessanti. Prima quella che non tutte le Sezioni che hanno la fortuna di essere l’epicentro di zona montagnosa figliarono un adeguato numero di Gruppi, mentre vi sono delle piccole Sezioni situate in zone appena pedemontane che si sono sbracciate tutto intorno al loro centro ed hanno succhiato tutto quello che la loro zona aveva di ‘verde’”.
La strigliata ha presto i suoi effetti. Sicuramente se ne discusse anche nell’assemblea del 19 dicembre 1926 che elesse il nuovo consiglio direttivo così composto: prof. Pietro Guaitani, presidente; cav. Luigi Zacchini, vicepresidente; dott. Antonio Leidi, segretario; Giuseppe Masper, cassiere; Giacinto Cavalli, avv. L.M. Dolci, rag. Aldo Farina, rag. Aldo Pizzini: consiglieri; Alessandro Rotigni e rag. Giacomo Bertacchi: revisori; avv. Angelo Ranzanici e Aristide Cremaschi: revisori supplenti. Il nuovo consiglio si dà da fare e dai 518 iscritti si passa ai 1067 nel 1927 e ai 3186 nel 1929 con 51 Gruppi. Tale impegno meritò un encomio da parte del Presidente Nazionale On. Manaresi “per la diligenza, per le iniziative e per la regolarità amministrativa”.
Non possiamo dimenticare nel 1926 la leggendaria spedizione del capitano Gennaro Sora al Polo Nord in soccorso dei naufraghi del dirigibile Italia.
Intanto, con l’avvento del fascismo, l’Associazione Nazionale Alpini aveva preso il nome di “10° Reggimento Alpini”; la Sezione di Bergamo era denominata “Battaglione Orobico”; i presidenti di Sezione erano chiamati “comandanti”, i Gruppi “Plotoni”, i Capigruppo “Capiplotone”.
Il 1929 fu un anno ricco di iniziative. Si sentì, tra l’altro, il bisogno di creare un nuovo notiziario, più ampio e completo, destinato a tutti i soci. Nacque così, nel marzo, “Lo Scarpone Orobico” del quale ne fu redattore il rag. Dino Zampese, seguito poi dal rag. Erminio Tosetti. Il 6, 7 e 8 aprile si svolse una memorabile adunata a Roma, alla quale parteciparono ben tremila alpini bergamaschi. Nell’agosto venne collocata nella chiesetta di S. Maria dell’ Adamello una lapide alla memoria dei fratelli Nino ed Attilio Calvi e di tutti gli alpini bergamaschi che combatterono e sacrificarono la loro giovane vita sull’ Adamello.
La simbolica consegna della lapide agli alpini di Brescia venne fatta dal Cap. Gian Maria Bonaldi, “La Ecia”. Sulla lapide si legge “Alla gloria di di Nino e Attilio Calvi e di tutti gli alpini della terra bergamasca morti per tenere fede al giuramento dell’onore montanaro. La Sezione di Bergamo dell’A.N.A.”.
Fu illuminante e significativo che si sia stata usata nell’occasione la dizione “Sezione di Bergamo dell’A.N.A.” e non “Battaglione Orobico”. Gli alpini bergamaschi, anche in quei tempi difficili, con gesti semplici, quelli possibili, ma indicativi, rifiutavano inquadramenti ideologici e di parte.
Sulla lapide si legge “Alla gloria di di Nino e Attilio Calvi e di tutti gli alpini della terra bergamasca morti per tenere fede al giuramento dell’onore montanaro. La Sezione di Bergamo dell’A.N.A.”. Fu illuminante e significativo che si sia stata usata nell’occasione la dizione “Sezione di Bergamo dell’A.N.A.” e non “Battaglione Orobico”. Gli alpini bergamaschi, anche in quei tempi difficili, con gesti semplici, quelli possibili, ma indicativi, rifiutavano inquadramenti ideologici e di parte.
A novembre, sempre nel 1929, all’assemblea dei Capigruppo ne sono presenti settanta, quindi il numero dei Gruppi va sempre più aumentando.
Nello stesso mese la Sezione ha finalmente una sede: “si trova nel Palazzo della Banca Piccolo Credito Bergamasco, a
Porta Nuova, al secondo piano, attigua allo studio dei notai Locatelli, Personeni e Volpi ed è composta da un vasto locale ben riscaldato e con uso del telefono”.
La nostra storia per immagini
con le didascalie originali delle foto, così come pubblicate nel documento “La cronaca fatta storia”