1908 – 1943
5 aprile 1943, campo di prigionia n. 74 di Oranki- muore Don Stefano Oberto, Tenente cappellano 2° rgt. alpini, btg. Dronero, medaglia d’oro al valor militare alla memoria. Nato a La Morra, provincia di Cuneo, il 10 ottobre 1909, figlio di Francesco e Lucia Rabino, venne ordinato sacerdote nel 1933, e dopo aver conseguito la laurea in Filosofia all’Università di Torino, divenne insegnante ordinario di Storia e Filosofia nel Liceo salesiano Valsalice di Torino.
All’atto dell’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940 fu chiamato a prestare servizio militare per esigenze di carattere eccezionale come cappellano militare, assegnato con il grado di tenente al 615° ospedale da campo mobilitato in forza alla Divisione alpina “Cuneense”.
Prese parte alle operazioni belliche sul fronte occidentale, e poi, dal 20 dicembre dello stesso anno, a quelle sul fronte greco-albanese. Trasferito il 1 aprile 1941 presso il battaglione “Dronero”, del 2º Reggimento alpini, fu rimpatriato nel maggio successivo, al termine delle ostilità. Il 7 agosto 1942 seguì il suo battaglione in partenza per il fronte russo.
Catturato dai sovietici il 4 gennaio 1943, durante l’Operazione Piccolo Saturno, che portò allo sfondamento del fronte tenuto dai reparti ARMIR,
si spense, stremato dalla fatica e dalle privazioni, nel campo di prigionia n. 74 di Oranki il 15 aprile successivo. Fu decorato con la medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
La città di Roma gli ha dedicato una via a Cinecittà Est mentre nella sua città di nascita La Morra è stata posta una lapide commemorativa con un bassorilievo in bronzo all’ingresso della scuola primaria posta in piazza Castello.
Medaglia d’oro al valor militare con la seguente motivazione: «Cappellano del battaglione alpini “Dronero “, magnifica figura di asceta e patriota, sul fronte greco-albanese si prodigò con mirabile abnegazione e sprezzo del pericolo nella sua instancabile alta missione di assistenza morale. Rinunciando all’esonero, volle seguire i suoi alpini sul fronte russo dividendo con loro pericoli e sacrifici. Durante l’estenuante ripiegamento dal Don, benché stremato dalle durissime fatiche, diede luminose prove delle sue elevatissime virtù militari e cristiane, portandosi sempre dove maggiore era il rischio, pur di assolvere al suo compito di conforto agli alpini feriti e congelati. In fase critica, seppe far rifulgere il suo spirito eroico, mettendosi di iniziativa alla testa dei resti di un plotone rimasto senza comandante e lanciandosi decisamente al contrattacco di preponderanti forze nemiche. Caduto prigioniero dopo strenua lotta, quando il battaglione esaurì ogni possibilità di resistenza, continuò nella sua opera benefica durante le tragiche marce verso l’interno e, fra l’abbandono generale, valendosi del grande ascendente che aveva sugli alpini, li invitò ad austera rassegnazione, ne lenì le sofferenze trasformandosi in medico ed infermiere, ne condivise la dura sorte con stoica fermezza. Morì, stremato dalla fatica e dai disagi, nel campo di prigionia n. 74 di Oranki il 5 aprile 1943. Sacerdote esemplare e saldo combattente ha voluto, col sacrificio, concorrere a tenere in grande onore, in terra straniera, lo spirito eroico del soldato d’Italia.»