Beato Teresio Olivelli

Vigevano (PV) – 3 febbraio 2018 – Teresio Olivelli è proclamato Beato – la celebrazione, presieduta dal cardinale Angelo Amato, rappresentante del Papa, si è svolta al Palasport alle ore 10,30 – Teresio Olivelli nacque a Bellagio in provincia di Como nel gennaio 1916 – Ufficiale negli alpini della Tridentina, è stato insignito di medaglia d’oro al valor militare alla memoria. A 25 anni, dopo aver ottenuto la laurea in giurisprudenza, si arruolò volontario. Volle condividere la sorte dei più esposti, che erano destinati alla campagna di Russia, e ci andò come sottotenente della Divisione Tridentina. Confidò: «Non ho eroici furori. Solo desidero fondermi nella massa, in solidarietà col popolo che senza averlo deciso, combatte e soffre».

Il 9 settembre 1943, dopo il rientro dalla Russia, essendosi rifiutato di collaborare con i nazifascisti, fu arrestato e deportato in Austria; riuscì ad evadere e, passando da Udine, arrivò a Brescia dove si unì alla Resistenza cattolica e fondò il giornale clandestino “Il Ribelle”. A Milano partecipò a opere di assistenza e di carità.
Venne arrestato a Milano nell’aprile 1944. Dal carcere di San Vittore venne successivamente trasferito nei campi di concentramento di Fossoli, Bolzano e Flossenbürg. A Flossenbürg rimase 23 giorni, fino al 30 settembre.  Prestò assistenza religiosa ai prigionieri moribondi, si prese cura dei più deboli, anche privandosi del suo cibo per donarlo a loro

Poi fu destinato al lager di Hersbruck, dove subì gravi vessazioni e percosse da parte delle SS, che non gli perdonavano la sua fede cristiana e i suoi gesti di carità nei confronti degli altri prigionieri.

Faceva pregare di nascosto, organizzava riunioni di lettura del Vangelo, lezioni di catechismo, anche in lingue diverse; in mancanza di sacerdoti si prestava per l’assistenza religiosa ai moribondi. I kapò lo odiavano più degli altri prigionieri, a motivo del suo atteggiamento religioso e del suo servizio spirituale in favore del prossimo. In lui i nazisti vedevano un atteggiamento quasi sacerdotale e il loro odio nei suoi confronti aumentava.

Inoltre, si prendeva cura dei malati, abbandonati a se stessi e alla morte. Li portava in infermeria, li assisteva di giorno e di notte, puliva le piaghe, distribuiva la sua magra razione agli altri, per farli sopravvivere, mentre lui deperiva. Quando lo scoprivano le SS lo picchiavano a sangue, poiché in quell’inferno non erano ammessi gesti di religiosità e atti di carità.
A seguito delle continue percosse dei kapò per il suo atteggiamento religioso e caritativo, verso la fine di dicembre 1944 era pieno di piaghe e di ferite. Il 31 dicembre accadde l’irreparabile: Teresio tentò di difendere un giovane picchiato dal kapò, si mise di mezzo, fece da scudo con il proprio corpo e ne ricevette un forte calcio allo stomaco. Non si riprese più. Rimase ancora in vita per oltre due settimane, in un’agonia dolorosa e prolungata. Morì alle prime ore del 17 gennaio 1945 .

Medaglia d’oro al valor militare con la seguente motivazione: «Ufficiale di complemento già distintosi al fronte russo, evadeva arditamente da un campo di concentramento dove i tedeschi lo avevano ristretto dopo l’armistizio, perché mantenutosi fedele. Nell’organizzazione partigiana lombarda si faceva vivamente apprezzare per illimitata dedizione e indomito coraggio dimostrati nelle più difficili e pericolose circostanze. Tratto in arresto a Milano e barbaramente interrogato dai tedeschi, manteneva fra le torture esemplare contegno nulla rivelando. Internato a Fossoli tentava la fuga. Veniva trasferito prima a Dachau e poi a Hersbruck. Dopo mesi di inaudite sofferenze trovava ancora, nella sua generosità, la forza di slanciarsi in difesa di un compagno di prigionia bestialmente percosso da un aguzzino. Gli faceva scudo del proprio corpo e moriva sotto i colpi. Nobile esempio di fedeltà, di umanità, di dedizione alla Patria».

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