L’ultimo reduce della Valle Imagna

Andato avanti il Reduce classe 1920, Alpino “dei tre fronti”. Lo ricordiamo con profonda gratitudine per l’esempio che ci ha dato.

Non so se certe cose accadono solo con gli alpini, ma una cosa è certa: con gli alpini accadono. E quando accadono, signore e signori, spalancano il cuore. In realtà è tutto molto semplice: un reduce ultracentenario, Pietro Bugada, compie gli anni e i suoi alpini pensano di fargli gli auguri.
Siamo a Capizzone, un piccolo paese della Valle Imagna diviso in contrade, davanti al Monumento ai Caduti: lì ci ritroviamo tutti per l’alzabandiera ad omaggiare chi è andato avanti, perché è giusto iniziare così, e poi via verso casa Bugada, dove abita Pierino, guidati dal Presidente Sezionale Giorgio Sonzogni a passo di marcia cadenzato dalla Fanfara Alpina Tridentina. La visita a sorpresa nasce come piccolo gesto di attenzione ad un vecio associato, ma una volta condivisa con Ettore Salvi, giovane capogruppo di Capizzone, si trasforma in una mattinata da ricordare; e che lo sia stata lo confermano le prime parole del festeggiato: “Proprio una bella sorpresa mi avete fatto, la più bella sorpresa!”. La famiglia, il gruppo,
la sezione, la fanfara, tutti schierati davanti ad un uomo fiero per tanta attenzione; al suo fianco il fratello alpino Giuseppe, che coi suoi 90 anni faceva la parte del giovanotto brillante.
Non c’è niente da fare: la generosità produce generosità, la tenerezza genera tenerezza, la fierezza induce fierezza, e tutto diventa festa senza perdere la sua preziosa intimità. Tanti sorrisi sinceri illuminano una mattinata uggiosa, e nessuno nota che manca il sole. “Voglio vedere i miei alpini – come disse il Capitano Grandi alla 46a – li voglio salutare tutti”. Così chiede il Pierino, così facciamo. Ad uno ad uno, consapevoli
del privilegio, si sfila per un sorriso a debita distanza, prima di alzare i calici, brindare ed ascoltare la sua voce. Da restare a bocca aperta: forse ispirato dalla musica della fanfara ora è lui che intona un brano imparato tra le isbe della steppa, chiudendolo accendendosi una sigaretta. Dopotutto le indicazioni dell’ufficiale medico, sul fronte greco, erano perentorie: fumare le 8 cicche giornaliere di spettanza per combattere la malaria. E gli ordini non si discutono, nemmeno dopo 80 anni: “Ecco io, la malaria, la sto ancora combattendo!”.
Ineccepibile.
Pietro Bugada, classe 1920, a Capizzone è nato e a Capizzone tuttora vive dopo 101 anni. In mezzo tre fronti bellici – Francia, Grecia e Russia, ritirata compresa – 22 mesi di prigionia in Germania e tanto coraggio, per ricominciare a vivere e raccontare a tutti che sventura sia la guerra. Colpisce davvero
la tempra di un uomo che ha vissuto l’indicibile e sofferto tanto. Quasi due anni di lavoro forzato “in Prussia Orientale, tra fame e pidocchi” non furono una passeggiata, ma le ferite mai sanate sono quelle incise nell’anima: lui sa cosa significhi veder spegnersi tra le braccia l’amico carissimo e compaesano Battista, caduto sotto l’ultimo colpo di artiglieria proprio il giorno prima del rientro dal fronte greco-albanese. Lui sa quale coraggio serva per arrampicarsi sulla torretta di un carro armato russo per infilarvi una bomba a mano, e aprire così una via verso la libertà. Non fu a Nikolajewka ma poco lontano, con Gomel che distava ancora più di 200 chilometri di distese innevate. La raggiunse, e oggi ce lo racconta.
In alto la penna!” ci dici salutando, regalandoci l’ennesima lezione. Nulla da aggiungere, alpino Bugada, se non che sono vite come la tua a rendere speciale il “cappello che noi portiamo” con orgoglio.
Oggi, in tempo di pace, anche grazie te.
Damiano Amaglio

(articolo pubblicato su Lo scarpone orobico in occasione del 101esimo compleanno di Pierino)

Leggi l’articolo de L’Eco di Bergamo

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