VISITARE IL MUSEO
Il Museo è visitabile nei seguenti giorni:
lunedì e giovedì dalle 14,30 alle 18
sabato dalle 9 alle 12
L’ingresso dei visitatori è consentito fino ad un’ora prima della chiusura
Per prenotazioni per gruppi o privati telefonare al 035.311122
INGRESSO GRATUITO
PIANO TERRA – Le origini degli Alpini e 1ª Guerra Mondiale
Questa prima sala è dedicata alle origini degli alpini e alla Prima Guerra Mondiale. Qui si trovano i reperti più antichi custoditi nel museo, dal proiettile La Hitte del 1859 alla baionetta per fucile Vetterli-Vitali mod.1870. La presenza di indumenti d’epoca (quattro divise complete e sei giubbe, in massima parte originali) permette di cogliere come le esperienza belliche, la crescente necessità di produzione di massa, l’avvento di fucili a retrocarica più potenti e che sparando generavano meno fumo e aumentavano la visibilità sui campi di battaglia, imposero una rapida evoluzione nell’uniformologia di questo periodo. Si passò così da divise eleganti e sgargianti ad altre più semplici, funzionali e meno appariscenti, come quella coloniale per le guerre di Etiopia e di Libia o l’uniforme grigioverde mod.1909, la quale diverrà uno dei simboli del soldato italiano nel primo conflitto mondiale. La collezione di reperti della guerra del 1915-18 va dalle armi bianche e da fuoco ai proiettili d’artiglieria, dagli elmetti ai copricapi, dal corredo per il rancio alle medaglie, dal materiale fotografico a quello cartaceo (fra cui una raccolta delle prime pagine originali de “La Domenica del Corriere” e “La Lettura”), dagli attrezzi di lavoro all’equipaggiamento d’alta montagna. In quest’ultimo settore spiccano,
perfettamente intatti, una coppia di sci con attacco modello Huitfeld con relativi bastoncini, appartenuti al reduce adamellino Elia Frazza di Bergamo. Curiosa è la collezione di esemplari di “arte da trincea”, cioè reperti bellici trasformati dai soldati in piccole opere d’arte come vasi, braccialetti o accendini. In questa sala è conservato uno dei reperti più pregiati del museo, cioè la corazza modello
“Sappenpanzer”, di progettazione e produzione tedesca ma largamente usata anche dai soldati austro-ungarici. Tragico è il confronto fra i pesanti e protettivi elmetti austro-ungarici e i leggeri e poco efficaci elmetti francesi e italiani.
Commuoventi sono alcuni effetti personali appartenuti al Capitano Nino Calvi, uno dei più famosi alpini orobici della Prima Guerra Mondiale. Correda infine la sala uno schermo video che mostra filmati originali inerenti agli alpini durante la Grande Guerra.
Le origini e la prima Guerra Mondiale
Piano terra, 1° sala e corridoio
La seconda sala ospita la ricostruzione a grandezza naturale di una postazione d’alta quota degli alpini durante la Prima Guerra Mondiale permette almeno in piccola parte di immergersi maggiormente nel clima di quel conflitto condotto ai limiti della sopravvivenza umana e di coglierne l’assoluta tragicità. La baracca in legno, per quanto piccola e spartana, è quasi un’abitazione di lusso; infatti non pochi alpini furono costretti a vivere all’interno di gallerie scavate nella roccia o addirittura nel ghiaccio. Unici momenti di svago sono alcune lettere, frutto della corrispondenza con i propri cari, e una fisarmonica. Al di fuori della baracca c’è la trincea vera e propria, delimitata da sacchi contenenti ghiaia e uno scudo da trincea; all’interno della trincea si intravedono numerosi bossoli d’artiglieria accatastati. Ciò non deve stupire: infatti al termine dei combattimenti i militari sono spesso inviati a recuperare i bossoli per poi riutilizzarli, rappresentando uno dei primi casi di riciclo industriale. Altro dettaglio curioso è la presenza di una gabbia con un canarino. Questo stratagemma è stato mutuato dai molti minatori che sotto le
armi furono incaricati di scavare gallerie dove, come abbiamo visto, spesso furono costretti a vivere gli alpini; a volte in questi cunicoli possono sprigionarsi gas invisibili, inodori, ma letali. I canarini, avendo polmoni piccolissimi, risentono molto prima degli uomini della presenza di tali gas venefici e quindi costituiscono degli efficaci campanelli d’allarme. Al di fuori della trincea ci sono dei paletti con il filo spinato, uno dei lugubri simboli di quella guerra. Da notare la presenza di un’arma utilizzata fin dai tempi degli antichi romani, chiamata istrice o bocca di lupo. È costituita da una serie di aculei intrecciati fra di loro; essa è posta in una buca ricoperta con della paglia o della neve, nel modo che gli avversari all’assalto vi cadano dentro, rimanendo trafitti. Un’arma semplice e arcaica ma ancora assai micidiale e temuta.
Postazione d’alta quota della Grande Guerra
Piano terra, 2° sala
La terza sala del museo è doverosamente dedicata alla salmeria, cioè a tutto quello che riguarda il mulo, la famosa “jeep a pelo”, l’inseparabile compagno di fatiche, avventure (e sventure) degli alpini dalle origini fino ad alcuni decenni fa.
Ci troviamo di fronte ad una collezione di reperti di livello internazionale per qualità
e varietà, raccolti in lunghi anni di appassionato e competente impegno dall’alpino Amabile Rigamonti e ceduti in comodato al museo. Dopo che Amabile è andato avanti nel 2016, i suoi familiari hanno deciso di regalare al museo la sua collezione; tale donazione è stata celebrata tramite una toccante e partecipata
cerimonia tenutasi al museo il 16 Marzo 2019. Con grande generosità i familiari di
Amabile hanno sostenuto economicamente pure la realizzazione dell’arredo espositivo della sala.
La vasta collezione spazia dalle diverse tipologie di basti, le selle utilizzate per i muli, ad arnesi di vario genere, come un’incudine con relativi attrezzi, un calibrometro per misurare l’altezza al garrese dei muli e una tosatrice del 1902 perfettamente conservata.
La collezione è arricchita da una riproduzione a
grandezza naturale di un mulo di notevoli dimensioni, adatto al trasporto di carichi
pesanti, con il suo conducente, indossante quest’ultimo un’uniforme del secondo
dopoguerra. La sala è pure dotata di uno schermo video che trasmette un breve filmato concernente la storica collaborazione fra gli alpini e i muli.
Mascalcia e
salmerie
Piano terra, 3° sala
Il MUSEO
Come recita il punto a) dell’articolo 2 dello Statuto dell’Associazione Nazionale Alpini:
“E questo è il principale motivo che ha spinto a fondare il Museo Alpino Bergamo, inaugurato presso la sede sezionale orobica il 9 Settembre 2011.
Quest’istituzione non è soltanto un contenitore deputato alla doverosa conservazione dei cimeli della lunga e gloriosa storia degli Alpini, ma cerca di fare comprendere e rivivere ogni aspetto dell’epopea delle Penne Nere.
Un modo anche per preservare e diffondere quel patrimonio di valori ed ideali propugnati dagli alpini nelle numerose vicende che li hanno visti protagonisti e di cui questi oggetti ne sono testimonianza diretta.”
Quindi una breve ma esaustiva panoramica, che partendo dalle origini nel lontano 1872 giunge sino al giorno d’oggi.
I reperti sono raggruppati in una serie di aree che si dipanano sui due piani da cui è composto l’edificio e seguono un preciso ordine cronologico.
PIANO SUPERIORE – Dalle due Guerre ai giorni nostri
Nella prima sala al piano superiore, la spina dorsale di quest’area è rappresentata dalla rassegna di pezzi d’artiglieria ed armi pesanti disposti lungo l’asse longitudinale della sala; fra di essi si notano e i resti di un cannone-mitragliera contraerea Breda 37/54, recuperati alcuni anni fa durante dei lavori di risistemazione delle piste dell’aeroporto di Orio al Serio, e un cannone 47/32.
Assortita è la collezione di armi individuali, fra cui si notano alcuni pezzi rari, come la struttura metallica di una pistola mitragliatrice TZ-45 e un fucile 91/41, progettato specificatamente per le truppe alpine operative sul fronte russo. Vasta ed eterogenea è la raccolta di buffetterie, elmetti e copricapi; di grande valore simbolico per la Sezione A.N.A. di Bergamo sono i cappelli alpini dei reduci e presidenti emeriti Leonardo Caprioli e Enzo Crepaldi. Sono esposte 11 uniformi (8 intere e 3 busti), principalmente mod. 34 e mod. 40, le più utilizzate dalle Penne Nere nel periodo in questione, ma vi è pure una riproduzione della divisa coloniale indossata dagli alpini in Etiopia e Eritrea. Fra le uniformi spicca quella dell’eroico sottotenente degli alpini Leonida Magnolini; pregevole è anche la grande uniforme mod. 34 dell’alpino Generale di Corpo d’Armata Silvio Brisotto. Di assoluto
interesse è il corredo dell’alpino Luigi Comolli: oltre all’uniforme da capitano mod. 34, vi sono numerosi indumenti utilizzati durante la campagna di Russia, come una pelliccia, una cuffia e delle scarpe anch’essi in pelliccia, una coppia di calzature valenki e un sacco a pelo.
Vi è poi uno schermo video che illustra spezzoni di filmati originali degli alpini sul fronte balcanico. Infine la sala è arricchita da una riproduzione a grandezza naturale di una scena della drammatica ritirata di Russia. Presso tale ricostruzione è installato un secondo schermo video che mostra filmati originali degli alpini durante tale campagna militare.
Il primo dopoguerra e la seconda guerra mondiale
PIANO SUPERIORE, 1° sala
Entrando nella seconda sala al piano superiore balzano subito all’occhio il gran numero di uniformi presenti, ben nove; si notano l’iconica battledress, per circa un trentennio la divisa standard degli alpini e dell’esercito italiano, e l’uniforme da cerimonia del Generale Elio Carrara. Vi sono poi sei tute mimetiche che abbracciano un arco temporale che va dai primi anni sessanta al giorno d’oggi. Queste tute permettono di cogliere l’evoluzione sia del mimetismo nelle forze armate italiane che indirettamente quello della politica estera del nostro paese. Nelle prime tute mimetiche domina infatti il verde, segno di un impiego in territori boscosi, di montagna, o quantomeno europei. In seguito tende ad emergere la tonalità sabbia, tipica di ambienti più aridi, lontani, dove recentemente sono stati chiamati ad operare gli alpini.
Ad esempio un capo piuttosto raro è la tuta mimetica indossata dagli alpini per la missione di pace in Mozambico. Di assoluto rilievo è anche la tuta mimetica appartenuta al Generale Marcello Bellacicco quando comandava le truppe Nato in Afghanistan e da lui donata generosamente al museo. Fra gli oggetti esposti in sala vi sono dei cappelli alpini, una norvegese, il longevo elmetto M 33 e il suo
successore realizzato in kevlar. Fra le armi e i proiettili d’artiglieria esposti, si segnalano un nastro di cartucce per mitragliatrici e diverse cassette per contenere i nastri, oltre che alcune attrezzature per la manutenzione delle mitragliatrici stesse. Vi è poi parte dello storico fucile Beretta BM 59 Modello III, che per almeno un trentennio ha rappresentato l’arma individuale per eccellenza delle truppe alpine. È presente pure un pugnale da collezione con relativo fodero donato dagli alpini del 4° reggimento alpini paracadutisti “Ranger”. Correda infine la sala uno schermo video che trasmette filmati degli alpini in epoca odierna.
Il secondo dopoguerra fino al giorno d’oggi
PIANO SUPERIORE, 2° sala
Nella terza ed ultima sala al piano superiore del percorso museale vi è innanzitutto un’ampia sezione dedicata alle attrezzature per la montagna, con equipaggiamenti per l’arrampicata, sci e utensili per la manutenzione di quest’ultimi. Da notare una moderna tuta da sci ed una tuta mimetica bianca, adatta per gli ambienti innevati. Varia e assortita è la
sezione inerente alla sanità, dove è presente pure il famigerato olio di ricino.
Piuttosto ben fornita è pure la sezione riguardante il rancio, con gavette, borracce
e la cassa con il corredo da cucina per ufficiali. Vi è esposta una confezione della famosa “Razione K” con in bella mostra il relativo contenuto. Sono custodite poi grosse e pesanti casse contenenti attrezzi per i lavori di manutenzione in caserma, oltre che una stufa da campo ed una branda. Infine alquanto singolare è la sezione concernente l’orientamento e la comunicazione. In un’apposita cassettiera sono custodite diverse cartine realizzate dall’Istituto Geografico
Militare e utilizzate dalle truppe alpine durante le esercitazioni. Sono esposti quindi telefoni da campo, apparecchiature radio e per la comunicazione di vario tipo, fra cui si segnala il leggendario telegrafo. Spicca per la notevole mole e ingombro una radio, la quale ha una storia un po’ particolare. Essa è stata costruita nel 1944 in Canada e destinata all’Unione Sovietica nell’ambito di un programma di aiuti sul modello della legge “Affitti e prestiti” con la quale gli Stati Uniti fornivano materiale bellico ai loro alleati durante la Seconda Guerra
Mondiale. Ciò si deduce dal fatto che parte delle istruzioni della radio sono scritte in cirillico. Terminato il conflitto, si ritiene che la radio sia stata restituita al Canada e in seguito ceduta all’Italia, forse attraverso il “Mutual Defense Assistance Program”, un piano di sostegno militare avviato a partire dal 1949 dagli USA per gli alleati della NATO. Questa radio rimarrà in uso presso gli alpini e in generale le Forze Armate Italiane per almeno un ventennio.
L’equipaggiamento degli alpini
PIANO SUPERIORE, 3° sala
LA VISITA
Il Museo è visitabile nei seguenti giorni:
lunedì e giovedì dalle 14,30 alle 18
sabato dalle 9 alle 12
L’ingresso dei visitatori è consentito fino ad un’ora prima della chiusura
Per prenotazioni per gruppi o privati telefonare al 035.311122
All’interno di ogni area i reperti sono ordinati per tipologia e quindi per nazionalità; infatti nel museo sono conservati anche cimeli di eserciti che hanno incrociato il loro cammino con quello degli alpini sia come alleati che come avversari.
Ogni periodo è colto sia negli aspetti più squisitamente bellici e magari spettacolari, come le armi, le munizioni e le divise, che in quelli più umili ma altrettanto importanti, legati alla vita quotidiana, come le gavette, le borracce, i ramponi, gli sci, i medicinali, il rancio, i documenti, gli strumenti utilizzati per la comunicazione e l’orientamento e tutte le attrezzature per la vita in montagna.
Immancabile poi è al piano terra una sezione dedicata al mulo, la famosa jeep a pelo, con una collezione di livello internazionale raccolta dall’Alpino Amabile Rigamonti e generosamente donata dagli eredi al museo.
Completa questa sezione una riproduzione a grandezza naturale di un mulo.
Per agevolare la comprensione delle aree cronologiche in cui è organizzato il museo e dei reperti ivi conservati, lungo il percorso sono presenti alcuni video che trasmettono brevi documentari e pannelli didattici e ogni cimelio è dotato di un cartellino esplicativo.
La massima parte dei reperti sono custoditi in appositi arredi espositivi con adeguata illuminazione.
Per respirare meglio l’atmosfera della storia alpina, vi sono anche delle attente ricostruzioni a grandezza naturale di una postazione d’alta quota della Grande Guerra e di una scena della ritirata di Russia.
Il Museo di conseguenza propone molteplici livelli di lettura: video e ricostruzioni a grandezza naturale per i ragazzi e una collezione di reperti, il più possibile completa e rigorosa da un punto di vista scientifico, per studiosi ed appassionati.
Privo di barriere architettoniche, il museo è quindi rivolto a tutti, dalle scolaresche ai gruppi alpini, dagli studiosi ai semplici appassionati e curiosi.